giovedì, gennaio 26, 2006

Fate i bravi...Edolaido vi osserva... Posted by Picasa

mercoledì, gennaio 25, 2006

The Evens, DUEL:BEAT, Agnano, Napoli, 04 Novembre 2005


Per poco non ho rischiato di mancare ad uno dei concerti più belli e singolari della mia vita. Chi doveva condividere la serata con me (e soprattutto darmi un passaggio) mi dà buca poche ore prima dell’inizio dell’evento. All’ultimo minuto riesco a rimediare una macchina grazie a quel sant’uomo di mio fratello che me la presta, ma rimango imbottigliato per svariati quarti d’ora sulla tangenziale di Napoli, quarti d’ora che messi in fila uno dietro l’altro mi paiono un’eternità...Non so come riesco ad arrivare in tempo. Il posto è singolare, un’ex sala cinematografica e prima ancora la chiesa di una base NATO (“…and now it’s the Evens’ church!”, scherzerà Ian Mackaye durante il concerto). Pur di conquistarmi un posto in prima fila, a un metro e mezzo dal piccolo palco, ignoro i segnali disperati della mia vescica stracolma. Le poltrone non permettono il pogo (alleluia!), e sono così comode che prima dell’inizio del concerto cado tra le braccia di Morfeo. Mi risveglio tra gli applausi che accompagnano l’ingresso dei due protagonisti sul palco. Un breve colpo d’occhio alla sala e alla sua singolarità, e si parte. Una chitarra, una batteria e due voci danno vita ad un suono corposo e dannatamente completo, da fare invidia a band e progetti ben più ambiziosi. Tra un pezzo e l’altro Ian Mackaye ci regala qualche perla delle sue, a metà tra il predicozzo moralista e la sincerità punkettona: “Music is not a joke. Music is serious. Music came before almost all things, certainly before language.”; “Punk rock has nothing to do with fashion, clothes, nor with a fast way to play guitar, nor with hair…punk rock means liberation.”; Bush e Berlusconi? “Assholes in castles.”. Arriva il momento di mt. pleasant isn’t e i nostri invitano il pubblico a cantare a squarciagola che “the police will not be excused / the police will not behave”…Amy Farina chiede se in sala ci sono altri Farina, suo nonno era campano: all’improvviso, dopo dieci anni d’oblio, mi ritorna alla memoria il preside Farina del liceo, ma dietro i suoi occhiali spessissimi e nella sua voce arrochita non c’era nulla che ricordasse gli occhi d’argento e il canto avvolgente di Amy…
Alla fine del concerto il duo distribuisce autografi: un signore di mezza età sfoggia un mucchio di vinili dei Fugazi da farsi firmare, un’intimorita Meg ricorda ad Amy che a Napoli l’espressione fare farina con qualcuno significa averci una storia sentimental-sessuale (sic!) e il sottoscritto…beh il sottoscritto ha l’onore di provare la splendida chitarra baritono di Ian. Posso infine svuotare la mia povera vescica e tornare a casa felice.
E nonostante la bellezza e la pienezza della musica degli Evens, tra il pubblico si fa sentire, manifesta o inespressa, tanta voglia di Fugazi…
Conversione anni gattosi/anni umani Posted by Picasa

Postulato

Diagonale: lento il precipitare,
obbligato il risalire.
Felina è la svogliatezza,
sonnifera la certezza:
potrei anche non farti del male,
ammesso che tu esista.

martedì, gennaio 24, 2006

Gatto kuntzico!!! Posted by Picasa
Mr. Moustache Posted by Picasa

Sigur Ros + Amina, 24 Novembre 2005, Firenze

Suoni da altri pianeti... Posted by Picasa
Il piano: darmi malato per due giorni al lavoro e partire. Destinazione: Firenze, concerto dei Sigur Ros. Poi si proseguirà per il Meeting delle Etichette Indipendenti, a Faenza.
Ufficialmente sono sotto le coperte con 38 di febbre, di fatto sono al teatro Saschall, in attesa dei quattro islandesi. Mi sorprende, come sempre, la legge del napoletano: ovunque vado per concerti, mi trovo sempre (felicemente) circondato da conterranei partenopei. Uno dei quali spera in una irrealizzabile utopia: far sedere tutti in modo che tutti possano vedere meglio il palco. In pochi lo seguono, e anche quei pochi lo abbandonano presto. Nel frattempo riverberano i suoni cristallini delle Amina, suoni che le nostre riescono a cavar fuori da bicchieri di cristallo ricolmi d’acqua, xilofoni, laptop, seghe suonate con l’archetto o dai più convenzionali, ma non meno incantevoli, viola, violino e violoncello.
Poi un interminabile drone ci fa esasperare nell’attesa dei Sigur Ros. Cala un telo semitrasparente, a separarci dal palco. Giochi di luce ci fanno intravedere le ombre dei quattro che imbracciano gli strumenti. Parte il primo pezzo, poi il telo si solleva, il pubblico esplode da fermo, senza bisogno di darlo a vedere. Su uno schermo alle spalle del gruppo e sui loro corpi, scorrono immagini oniriche, che sembrano adattarsi perfettamente ai suoni e ai riverberi che si diffondono nel teatro, tra nebbie artificiali e fasci di luce colorati. Stupisce la facilità con cui Jónsi riesce a modulare la sua voce da fata o con cui Kjarri (il più giovane elemento della giovane band) passa dalle tastiere, alla chitarra, al flauto traverso. Le Amina tornano sul palco ad arricchire il suono dei Sigur Ros con i loro strumenti ad arco.
Sarà stata l’atmosfera, sarà stata la particolare e riuscitissima commistione di suoni, luci, immagini, voci, sarà stata la strana sensazione di trovarsi circondato da un pubblico estasiato e per una volta non pogante, ma per la prima volta nella mia (non breve) carriera di spettatore, sono stato letteralmente percosso da brividi per tutta la durata del concerto (quasi due ore, escludendo il godibilissimo set delle Amina).
Il telo cala nuovamente, e quando gli artefici di tanta bellezza tornano sul palco per incassare minuti di applausi (un immenso Takk giganteggia alle loro spalle), penso di aver avuto la fortuna, per un paio d’ore, di aver captato la musica proveniente da un altro pianeta, forse da un altro sistema solare, un mondo che, se non migliore del nostro, è riuscito nel miracolo di fondere, sublimandoli, dolore e felicità in un’unica estasi.
Ma tanta bellezza si paga. Il giorno dopo, a Faenza, dopo quasi tre anni di onorato servizio, la mia carta di credito-bancomat si smagnetizza, in breve rimango senza soldi: niente concerti, accese discussioni con gli albergatori, rocambolesco ritorno a casa con multa su treno…

lunedì, gennaio 23, 2006

I'm a McAddicted!!!!! Posted by Picasa

Proud to be ONNIVORO! - parte 1

"L'uomo è in grado di mangiare qualsiasi cosa. Ha la capacità di digerire zampe di cadaveri mummificate, rocce, miceti e secrezioni irrancidite e fermentate delle ghiandole mammarie. Ovvero prosciutto, sale, funghi e formaggio, se detti così vi piacciono di più. Dopo l'uomo, l'animale più onnivoro di tutti è il maiale."

Jasmine Trifoni

Stay tuned...se volete sapere il vero motivo per il quale il porco, il miglior amico dell'uomo, è tanto avversato dai praticanti ebrei e musulmani...

giovedì, gennaio 19, 2006

D'OH!!! Posted by Picasa

Aerofagia

Può accadere se avete la pessima abitudine di mangiare in fretta o masticare poco e male. Se tendete a deglutire frequentemente. O se fumate. Provate a pensare alla quantità d’aria ingerita ad ogni corposa e soddisfatta boccata di fumo. Tutta quest’aria s’accumula nella parte alta del vostro stomaco, e va a formare quella che i medici chiamano bolla gastrica. Può accadere, nei casi di cui sopra, che questa bolla assuma dimensioni spropositate, e che vi procuri parecchi fastidi: da un semplice quanto vago senso di pesantezza, ad una alquanto più fastidiosa sensazione di mancanza di respiro, fino ai più invisibili e insidiosi disturbi al ritmo cardiaco, con tutto quello che comportano. Per non parlare degli squassanti rutti che possono scapparvi nel bel mezzo di una amabile conversazione. O, come nel mio caso, nel bel mezzo di una lezione di matematica, quando finalmente ero riuscito ad attrarre parte dell’attenzione dei ragazzi e a convogliarla sul concetto di limite di una funzione continua. Ero lì a dare la mia bella definizione di intorno di un punto, quando la mia voce comincia a cambiare di tono. Sento l’aria premere per risalire lungo l’esofago. Sono cosciente della mia lotta forsennata e vana contro la corsa in superficie della bolla d’aria e ingenuo continuo a parlare. Infine la frase trova la sua sonora chiosa in un netto rutto, risaltante sullo sfondo del silenzio. Quel silenzio che mi ero conquistato a fatica, e che in un attimo deflagrò in un boato di risate.

Frequenze disturbate, Urbino, 5-7 agosto 2005

Si arriva ad Urbino dopo otto ore di viaggio tra treno e pullman. In agenzia, dove ritiriamo abbonamenti e voucher, veniamo accolti calorosamente, il festival è perfettamente inserito nella macchina turistica locale, e si vede. Veniamo addirittura accompagnati in macchina in albergo. Il tempo di sistemare i bagagli e via, dritti dritti alla fortezza Albornoz, che domina dall’alto la città. I One Dimentional Man hanno già iniziato il loro set. Il tempo di guardarsi un po’ intorno, di ammirare il paesaggio e gli stand e già gli ODM abbandonano il palco per lasciare spazio ai beatlesiani Jennifer Gentle. Il pubblico è composto e poco disposto al pogo. In compenso molta passione per la musica e file interminabili alle bancarelle che vendono cd e vinili. Cala il buio e dopo l’energico show dei Raveonettes compare, mezzo nudo, con i capelli giallo canarino e un gigantesco cappello da ufficiale, un ridicolo Julian Cope. Parla molto (troppo) tra un pezzo e l’altro, tenta invano di arrampicarsi sulle strutture che si levano ai lati del palco, in molti fischiano o ridono. Il nostro abbandona il palco facendo il verso a Sid Vicious che fa il verso al Sinatra di My way.
Tutt’altra storia con i Dinosaur Jr. J Mascis sfoggia con noncurante fierezza la sua panza, la sua Fender Jaguar e i suoi quattro Marshall sparati a palla a dare vita a un suono spesso, sostanzioso e potente come non mai. Molti gli inni regalati ai fan. Immancabile la cover di Just like Heaven dei Cure.
Il giorno dopo mi distraggo alquanto, spendo una cifra tra le suddette bancarelle acquistando cd/dvd/vinili e scorgo tra il pubblico Enrico Molteni dei TreAllegriRagazziMorti. Posso solo dirvi che Echo and the Bunnymen regalano a tutti un gran bel concerto.
Terzo giorno: si comincia con un po’ di sana elettronica. Dopo il set godibile di Lippok + Morgenstern e quello magistrale di Four Tet, Giove Pluvio decide di “concederci” un’abbondante piovuta, di cui, a dire il vero, non sentivamo tutto questo bisogno. Così, costretto a reggere l’ombrello, non posso applaudire quanto voglio e quanto meritano i Blonde Redhead, precisi e intensissimi come sempre. Nel frattempo a Molteni s’aggiunge e s’affianca Jukka dei Giardini di Mirò. Gran finale con Yo la tengo, che dimostrano di saper interagire col pubblico e di non mancare di senso dell’umorismo.
Lunedì: giusto il tempo di scorgere i Blonde Redhead al completo mentre fanno shopping in un negozio di antichità e di mangiare divinamente in un ristorante specializzato in piatti rinascimentali e si riparte. Un’esperienza da ripetere.

mercoledì, gennaio 18, 2006

Gattosità...

Appunti di vita forcellesca

Se le chiedevi il nome rispondeva “Tuffy, ma per gli amici Lola”. La voce arrochita dal fumo, due tette imponenti, completino in pelle rossa, cinquantaquattro anni portati divinamente, Lola sosteneva di possedere un appartamento nel prestigioso Corso Vittorio Emanuele e una stanzetta a ridosso di Forcella, per lavorare. Anche se, a onor del vero, smessi il trucco e i tacchi, la mattina la ritrovavi vestita con una semplice tuta a far spesa con le ‘gnore dei rioni al mercato di Porta Capuana. Senza prezzo i suoi racconti d’ordinaria prostituzione, tra tutti quello del giovane poliziotto sposato che la implorava di ciucciarle il pisello. Il pisello di Lola, per intenderci. Era grazie a clienti come questi che Lola riusciva a mettersi soldi da parte e a sperare in un futuro dignitoso, che riusciva a pagarsi i trattamenti ormonali, utili soprattutto per la ricrescita dei capelli perché si sa, ad una certa età la calvizie avanza. E poi, le sue perle di saggezza:
Tien ‘o male ‘e capa? Pijete n’Aulin, e si’ femmena n’ata vota!
Gianfranco Fini? M’adda fa’ ‘nu bucchino!
E mi tornano in mente le parole di un travestito in un film caciarone anni ’70, con Alvaro Vitali ed Edvige Fenech, di cui ahimé non ricordo il titolo. In attesa di un cliente, chiacchierando ai margini di una strada con una collega:
Artri due anni e me finisco de paga’ er mutuo…papà esce da’ prigione, e me vado a ripija’ mamma dar manicomio…
Tra le polverose coltri
i pensieri faticano a innescare�
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Prodi: amareggiami 'sta minchia

Gentile Professore,
Prima di tutto ci presentiamo: siamo Saverio e Markus, viviamo insieme da 6 anni a Firenze, in bel quartiere della zona sud, con la nostra gatta Pippi. Siamo impiegati, paghiamo le tasse, siamo dei buoni cittadini, rispettiamo l'ambiente, c'interessiamo del nostro prossimo.

Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: noi siamo una famiglia. Intesa come amore, assistenza, progetto di vita. Come le altre famiglie siamo inseriti in una rete d'affetti fatta di genitori, nipoti, fratelli, amici, colleghi, vicini. Viviamo in maniera normale, serena, affrontando in due, i problemi che hanno tutti i cittadini italiani. Apprezziamo il suo operato politico ed è per questo che da potenziali elettori vorremmo chiederle alcune cose.

Abbiamo letto che lei è amareggiato per la manifestazione per i Pacs di Piazza Farnese e non capiamo perché. Noi siamo e a ragione, davvero amareggiati.
Proviamo a spiegarci. Ad esempio se uno di noi due dovesse avere bisogno d'assistenza in ospedale, non potremmo chiedere ai nostri datori di lavoro nessun congedo. I miei colleghi sposati lo possono fare e noi con le nostre tasse paghiamo, (volentieri), questo loro diritto. Non potremmo avere informazioni sanitarie e non potremmo decidere per l'altro del suo destino, conoscendo più di chiunque le proprie intime convinzioni. Se uno di noi dovesse mancare, non avremmo diritto a subentrare all'affitto, non potremmo ereditare le cose che insieme abbiamo comprato (mobili, automobile, elettrodomestici) o le cose fatte insieme (investimenti e risparmi). Abbiamo per questo rinunciato a comprare casa. Troppo rischioso senza possibilità di fare testamento a favore l'un dell'altro. Se dovessimo avere dei problemi economici non potremmo contare sulla pensione dell'altro. E ci fermiamo qui, l'elenco è lungo.

Sentiamo spesso affermare che saremmo un pericolo per la famiglia tradizionale….Vorremmo che Ruini, Casini e molti dei suoi alleati ci spiegassero come, in quale maniera.
Ci pensiamo spesso quando alle 6 del mattino Saverio si alza 10 minuti prima per preparare il panino da mangiare fuori, quando si fa la spesa cercando i prezzi migliori, (come tutte le altre famiglie italiane, fatichiamo ad arrivare a fine mese) quando ci si saluta davanti alla porta con un bacio, quando si va al mercato, quando si programma che investimenti economici fare per quando saremo vecchi, quando si va a comprare i regali di Natale per i nipoti. Come, come, come possiamo essere un pericolo per la famiglia tradizionale? Me lo spieghi lei Professore.
S'immagini: sabato pomeriggio mentre si faceva la lavatrice, dividendo i panni chiari da quelli scuri, discutendo di quando invitare a cena il fratello e la moglie, della prossima riunione di condominio, di dove andare in vacanza quest'estate, di come è bello il bimbo appena nato alla collega, di come sarà il Festival di Sanremo con Panariello, noi si tramava contro la Famiglia…..

Dunque la Famiglia è salvaguardata dalla negazione ad altri di un diritto? Posso capire il discorso di chi dice che andremo all'inferno ma sinceramente non ci sentiamo un pericolo proprio per nessuno, visto che, sempre ad esempio, la violenza familiare o sui minori, riguarda soprattutto i padri di famiglia. Poi un giorno quando saremo di fronte a Dio, gli chiederemo perché ci ha fatto cosi, visto che non è uno che sceglie d'essere gay. E visto che saremo li, chiederemo a Dio anche cosa pensa dei tantissimi preti e frati gay, in percentuale secondi solo ai parrucchieri.

La vita quotidiana di noi gay non è una passeggiata di salute, non lo dimentichi Prof. Prodi prima di parlare delle tematiche omosessuali. La vita quotidiana dei gay non è Platinette o Aldo Busi: è spesso una via Crucis. Noi siamo una famiglia. Non c'interessa avere le damigelle o fare le bomboniere o lanciare il bouquet di fiori alle amiche. C'interessa la possibilità di avere i diritti che hanno tutti quelli che mettono insieme le proprie vite, e per mantenere i quali, le nostre buste paghe sono divorate, come quelle di tutti. Markus è cittadino tedesco, ci potremmo unire legalmente ma Saverio dovrebbe perdere la cittadinanza italiana. Ci sentiamo cittadini europei e vorremmo capire perché si parla tanto d'Europa quando si tratta di economia e poi ci chiudiamo sotto il nostro campanile quando si tratta di diritti. Non ci dica Professor Prodi che Lei non sa che sulle unioni civili anche molti partiti europei di centro o conservatori sono favorevoli.

Gentile Prof. Prodi, le facciamo un invito. Venga una sera a cena da noi con la Signora Flavia, Le vorremmo far semplicemente conoscere come vive normalmente una coppia, sostenuti reciprocamente dall'amore ma con il timore che un colpo di vento può essere per noi un uragano. Le vorremmo raccontare meglio di noi, presentarle i nostri genitori, i nostri fratelli, farle vedere la nostra casa con il terrazzo e i bulbi appena piantati, parlarle della nostra amarezza.

Con affetto
Saverio e Markus

Thomas de Musica

Musica è lo sforzo che facciamo per spiegare a noi stessi come funziona il cervello…
Se vogliamo cogliere l’effetto della mente al lavoro, nella sua totalità,
ascoltiamo la Passione secondo Matteo a tutto volume.
Udremo, in un unico istante, il suono dell’intero sistema nervoso centrale dell’uomo.

Lewis Thomas

Quiz

martedì, gennaio 17, 2006

EdOrco Posted by Picasa

Ipnogramma 1

Sono convinto che le ricerche sul cervello in stato di veglia non possano essere separate da quelle che si occupano del cervello nel sonno. In futuro, la comprensione del funzionamento del cervello nel sonno procederà senza dubbio in parallelo alla comprensione del funzionamento del cervello in stato di veglia.

Peretz Lavie, “The Enchanted World of Sleep”, Yale University, 1996.





Night by night
we let ourselves down the fragments
of a single, wide dream,
mirror of our whole life,
reflection of the paradoxical sleep.

George M. Kudgel, “Sleep and Other Paradoxes”, Kurtz & Sons Press, 1978.