The Horse at the Source: Cut-Upped Inland Empire
- Se fosse domani, lei sarebbe seduta su quel divano.
- E’ una scena che abbiamo girato ieri, ricordi? Ma accadrà domani. Domani scorgerò me stessa nel set, scapperò, non riuscirai a trovarmi.
-Mi hanno ipnotizzata, devo uccidere qualcuno con questo cacciavite.
- Chi? Chi l’ha ipnotizzata?
Sangue e prostitute sul boulevard. Una scia rossocupa sulle stelle dell' Hollywood Walk of Fame. Le stelle partoriscono i sogni che partoriscono le stelle. Hollywood difettosa perfetta macchina onirica. Storie assurde: sorelle con gambe meccaniche, una scimmietta che emette urla da film horror, buchi nelle vagine, buco di bruciatura di sigaretta nella seta (a blanket acned/ with cigarette burns?) attraverso il quale vedrai, attraverso il quale entrerai nella sitcom dei conigli. La lampadina s’avvampa, il volto di Crumpy è la tua faccia stravolta e stropicciata.
- Non preoccuparti, signora, stai solo morendo. Guarda, ti faccio vedere la luce. Guarda la luce, per sempre.
Ben Harper al pianoforte. Schiocchi di dita, coreografie pop e tette da sturbo. Beck e musica classica contemporanea.
- ...mmm...bello...
Risate e applausi in sala.
“Il SuperIo è, per sua indole, razionalizzante. Lavora per sostenere l’Io, per non farlo sciogliere. Lo sforzo critico (del critico) è quello di chiamare a sé le flotte del SuperIo, di dispiegare sulla tela gli avamposti della ragione. Voler spiegare, capire il fine ultimo. Svelare il mistero. Insomma, si ricorre agli strumenti del SuperIo quando il cinema di Lynch non fa altro che sottrarsi alla sua morsa.”
Dario Zonta
S
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“Nella terza ora della monumentale ultima opera di David Lynch, Inland Empire, c’è una scena sintomatica del film e del metodo di costruzione del cinema lynchiano, soprattutto nelle sue derivazioni esplose negli ultimi film. Laura Dern, la protagonista (o la poliprotagonista, o la metaprotagonista) della storia attorno a cui si avvita Inland Empire, è colpita a morte e si aggira agonizzante per le strade di una spettrale Los Angeles notturna. Si accascia accanto a una barbona di colore e a una coppia di tossici (multietnica: lei asiatica, lui afroamericano). E nel momento in cui il naturale climax della narrazione si dovrebbe concentrare su questo avvenimento Lynch lo elude, lo annulla, lo priva della sua ovvia centralità. La macchina da presa fa un impercettibile scarto nell’inquadratura, la barbona pronuncia una frase che è più di una sentenza: - Non è niente cara, stai solo morendo.- Il centro dell’immagine non è più la morte del personaggio principale ma ciò che lo offusca, l’ininfluente che ruba la scena. Segue uno stralunato dialogo di alcuni minuti (estenuato, gonfiato, prolungato al parossismo come tutto in Inland Empire) tra questo tre passanti, questi marginali che dialogano su parrucche, prostitute e tossici come se niente fosse, come se il deviare l’ottica degli eventi sia l’ennesimo détour che Lynch impone a chi si avventura a descrivere il suo lavoro. ”
Federico Pedroni
“Io sono riuscita a ricostruire una trama. Ma è la mia. Questo è il bello. Ma la cosa incredibile è che David sa esattamente di cosa parla il film, ma non gli interessa se gli altri ci vedono altre cose. Io sono la stessa donna, è la storia tra me e il mio alter ego in Polonia e diventiamo una cosa sola oppure tre persone distinte.”
Laura Dern