venerdì, maggio 23, 2008

Per farla finita con certe leggende urbane...




Basta con la stronzata che le donne non apprezzano il porno...leggete qua (dal MANIFESTO del 22 maggio 2008):

L'attività cerebrale di maschi e femmine di fronte a certe immagini pruriginose è esattamente la stessa. Anche se le donne hanno qualche tabù in più, la biologia dice che siamo molto ricettivi a certe visioni, maschi e femmine, e che, forse, un motivo c'è. Lo studio è serissimo: ha coinvolto 264 donne ed è stato pubblicato sulla rivista Brain Research nel 2006. L'ipotesi dei ricercatori è che esista, nel nostro cervello, una rete neurale specializzata per il riconoscimento veloce e selettivo di alcuni stimoli, che potrebbe aver dato un qualche vantaggio evolutivo ai nostri antenati. Eppure, anche dal punto di vista commerciale, la sensibilità femminile al porno è una scoperta abbastanza recente: fino agli anni settanta le femministe combattevano ogni mercificazione del sesso («la pornografia è la teoria, lo stupro è la pratica»). Poi è arrivata Annie Sprinkle, la pornostar con il PhD: per prima ha detto ad alta voce che anche le donne potevano essere interessate a certa roba osé e ha aperto la Femme production, inaugurando il filone cinematografico del porno in rosa. E la scienza non è stata a guardare.
Come si spiega, scientificamente, che uomini e donne abbiano bisogno di porno diversi? Esistono due tipi di voyeurismo? Un esperimento degli anni novanta ha utilizzato proprio il porno rosa per dimostrare che non è così, grazie anche al prezioso aiuto di 47 volontarie che hanno accettato di vedere film a luci rosse con uno strumento infilato in vagina (un fotopletismografo, per la precisione). Alla fine della proiezione quelle che avevano visto un porno non rosa hanno raccontato una sensazione di vergogna e disgusto, ma tutte avevano, oggettivamente, reagito.
Per i maschi le cose sono un po' più facili. Oltre a un eccitamento immediato, ovvio e tangibile, il porno sembra avere un effetto a lungo termine, che forse può suggerire qualcosa del perché il gusto per il filmaccio accomuni tutti gli uomini adulti. Secondo uno studio dell'australiano Leigh Simmons i porno migliorano la qualità dello sperma, soprattutto le scene di sesso di gruppo che coinvolgono una donna e più uomini. La spiegazione sarebbe che, in una specie promiscua come la nostra, produrre spermatozoi più vivaci in risposta alla visione di una donna con altri uomini darebbe più speranze di successo riproduttivo: cioè, se quella si è girata mezza città, per poterla fecondare devo essere combattivo. Ed ecco il vantaggio evolutivo, almeno per metà degli individui della nostra specie. Basta, questo, per spiegare oltre quattro milioni di siti internet hard e i 400 sexy shop italiani? Se non basta, si può vedere che cosa succede alle nostre cugine scimmie. Michael Platt della Duke University ha preso dodici macachi maschi e ha dato loro la possibilità di scegliere tra fotografie di visi maschili e fotografie di sederi femminili (tutti scimmieschi) notando che nemmeno i macachi avevano dubbi. Quella, secondo Platt, è una visione che dà tante informazioni (lo stato di salute, la fecondità...) con pochi rischi. Perciò piace: piace tanto che le scimmie, come noi umani, sono disposte a pagare, o meglio a rinunciare a una nocciolina, per potersi godere un po' di quel meraviglioso fondoschiena.

Silvia Bencivelli

mercoledì, aprile 16, 2008

INTERMEZZO: la morte termica dell'universo


"Le continue trasformazioni che avvengono in natura fanno diminuire costantemente le differenze tra le temperature dei vari corpi e, come conseguenza, l'energia assume forme sfruttabili sempre più difficilmente, cioé l'energia si degrada. Così, la temperatura del sole diminuisce costantemente e quando dappertutto si avrà la stessa temperatura, ogni trasformazione di energia, e quindi ogni processo, sarà impossibile."

Sergio Rosati, Fisica Generale I, CEA editore, pag. 388.

E andate affanculo, tutti.

martedì, aprile 15, 2008

DIARIO STRASBURRESE - GIORNO 2 - parte 2


GIORNO 2 - parte 2.

Non ho questa gran voglia di riprendere il mio blog. E’ il 14 aprile, sera inoltrata, i dibattiti politici televisivi proliferano e s’accavallano in pleonastiche orge di analisi del voto. E’ ormai arcichiaro che la sinistra è stata (scientificamente) eliminata dalla rappresentanza parlamentare, Berlusconi e Lega hanno stravinto e nell’italico etere già s’annusa rinnovato-vecchio-nuovo-eterno servilismo. Ho solo voglia di rifugiarmi in una calcolata e giocosa idiozia, e fare di tutto per cambiare “vita e altitudine”, per dirla col Maestro Battiato. Ma ho promesso a me stesso di concludere questo ridicolo, insulso diario, dove nulla accade se non nel contorto, spiralico boschetto della mia fantasia…E allora avanti. Riprendo da dove il sonno mi aveva interrotto. Giorno 2.

Ragazzini sui 10-14 anni, volto da duri e iconografia da banlieue, che a Napoli già praticherebbero i primi furti e/o generici reati, giocano alla morra cinese. Sì, avete capito bene, quelli che all’ombra del Vesuvio apparirebbero come pericolosi, incontrollabili scugnizzi, qui fanno quello che i ragazzini della loro età dovrebbero essere portati naturalmente a fare: giocano. Tavolini da ping-pong et similia, sparsi per le piazzette del centro storico e messi a disposizione del cittadino, aiutano nella miracolosa impresa. Quelli che mettono spavento non sono gli arabi, ma i ragazzi-bianchi-capelli-corti-b-boy-disadattati che urlano non-so-cosa (pensate a Vinz ne “L’Odio” di Kassovitz, per intenderci). Ma nulla al di là delle parolacce o degli sfottò. Ripeto, siamo lontani anni luce da Partenope.

Arrivo nel cuore del centro storico e faccio visita alla cattedrale. Non nutro sentimenti religiosi di alcun tipo, ma varcare la soglia della chiesa ed essere assalito dal baccano delle scolaresche e ritrovarmi circondato da bancarelle dove si vendono a caro prezzo gingilli e idoli vari (crocifissi, madonnine, souvenir) risveglia il Gesù-Cristo-della-cacciata-dei-mercanti-dal-Tempio che giace sepolto da qualche parte in me, tra fegato e pancreas. Non resisto più di qualche secondo, esco nauseato.

Visito qualche libreria. Noto tre cose:

  1. Nelle librerie suddette non c’è musica di sottofondo. Questo aiuta la concentrazione e, per rispetto del rispetto che i francesi nutrono per i Libri, spengo con naturalezza il mio iPod.
  2. Lo stesso rispetto viene riservato dai francesi per il Fumetto. Mentre in Italia i comic-book sembrano essere appannaggio di ragazzini e/o nerd, nella sezione fumetti di una libreria francese troverete di tutto: bambini, adulti, intellettuali, trentenni, professionisti e casalinghe. Tale rispetto si concretizza nella copertina in brossura, che protegge tutti gli albi a fumetti. Ne approfitto per sfogliare “Persepolis” di Marjane Satrapi in lingua originale. Cerco di capire quello che non sono riuscito ad afferrare dalla visione del film, senza venirne a capo neanche con l'aiuto delle vignette: durante il suo periodo di sbandamento a Vienna, Marjanne è stata violentata?
  3. Anche di pomeriggio-sera, ci si saluta con un bon-jour.

Prometto a me stesso di concludere la giornata con una sana spesa al supermercato. Finisco per barricarmi nella camera d’albergo con una baguette lunga un metro e mezzo, un pacco di wurstel, qualche etto di bresaola e una cassa di lattine di coca-zero. Fanculo. Domani mi aspetta la poster session…

giovedì, aprile 10, 2008

DIARIO STRASBURRESE - GIORNO 2


GIORNO 2.

Oggi ho la giornata quasi libera. Devo solo seguire un paio di talk, poi posso andarmene un po’ a zonzo per le strade di questa famosa Strasburgo, di cui fino all’altro ieri non sapevo nemmeno si trovasse in Francia. Che volete, la confondevo con Bruxelles…e voi no?

In piena fase post-prandiale seguo il talk del dr. Wissmann, il quale sembra incarnare il mio incubo peggiore: impiegare una forza sovrumana per pronunciare una singola parola. Ma nonostante questa colossale balbuzie, il nostro riesce a rientrare perfettamente nei tempi. Eroico. Epico. Grande. Ovviamente c’è il solito stronzo che deve fare domande, e non può aspettare di fargliele più tardi, in privato. Odiosissima testa di cazzo saccente. E ne è pieno di gente così, in questo inutilmente immenso centro congressi dove girano i soldi e pessimo caffè.

Mi trascino, in preda a una noia mortale, fino a pranzo. Mi chiedono 22 euri (22!) per un salsicciotto, un pezzettino di carne, un’insalata condita con salsette disgustose e una bottiglietta d’acqua. E io glieli do. Poi a un certo punto mi sento come se una scimmietta si fosse aggrappata ai miei visceri e li stesse tirando giù a strattoni. Il kebab e le carni speziate di domenica sera vogliono uscire dal mio corpo. Fuggo in albergo e svuoto l’anima nel cesso. Un po’ di zapping sul letto e, tanto per cambiare, mi addormento. Il caso vuole che qualcuno/qualcosa, sottoforma di cameriera che sbaglia stanza, spalanchi la porta (che avevo chiuso a chiave) e si metta a gridare qualcosa in francese per poi ritrarsi imbarazzatissima. E’ un bene. Mi sveglio ed esco. A noi due, Strasburro.

Non so come, non è da me, ma riesco a non spendere manco un centesimo. Nella fattispecie riesco a vincere la tentazione di comprare:

    • Un ukulele scovato in un più che dignitoso negozio di strumenti musicali;
    • statuette in forma di mucche antropomorfe dipinte a mano nelle più disparate pose (mucca samurai, mucca troiona, mucca che fa il bagno in tazza di cioccolato mostrando cosce da sturbo): costo medio 50 euri; a volte vorrei essere Renzo Arbore per potermi permettere tutte queste cazzatine (sapete, vero, che Renzo Arbore ha una sterminata, ricchissima collezione di gadgets e sublimi cazzatine? No? Beh, sapevatelo!);
    • cioccolatini, dolci, formaggi, formaggini, torte, tortine, biscotti, biscottini, marron glaces o-come-cazzo-si-scrive e ogni ben di dio di cui sembra disseminata l’intera città. MANGIA!, sembra dire ogni angolo di ogni strada, MANGIA! sembrano dirti le studentesse mentre addentano una crepes, MANGIA! sembra dirti il tuo stomaco brontolante;
    • un libro sulla storia della stregoneria in Francia;
    • una maglietta di superman;
    • un libro di foto spesso così e pieno di gente che fa all’amore, ma molto delicato.

Ai bei tempi avrei comprato tutto. Ma mo c’è l’austerity. Decido che comunque un pensierino ai miei colleghi lo devo pure portare, ma impazzisco perso in questo dilemma: cazzatina simbolica di uno degli innumerevoli insignificanti negozi di souvenir o cioccolateria varia? E se si sciupa-scioglie-scassa nel viaggio di ritorno? E se va a finire casualmente nel mio stomaco? Rimando l’acquisto dei regalini e proseguo la passeggiata. Ma mo vado a dormire ché ho sonno, vorrà dire che domani posterò un “Giorno 2 parte 2”. Tanto comunque non mi legge nessuno, il mondo sopravviverà.

mercoledì, aprile 09, 2008

DIARIO STRASBURRESE - GIORNO 1

GIORNO UNO.

Una vigorosa erezione mattutina mi accompagna verso il nuovo giorno. Doccia, colazione con yogurt, frutta e caffé e via, ad affrontare il congresso degli scinziati cazzoni e degli ingegneri iperefficienti che giocano a piegare la luce ai loro bisogni spiccioli. Oddio. Comincio ad esprimermi come un prete…

Strasburro è innervata da un capillare servizio di frequenti e silenziosissimi tram. Così silenziosi che, vedete come ve lo dico, uno di questi giorni ci rimango sotto. Per un attimo immagino Caserta servita dalla stessa rete tranviaria…no, è troppo anche per un blog che si richiama ai sogni fin dal titolo…

I tram saranno pure efficienti, ma le macchinette per i biglietti molto meno. Le monete mi vengono risputate indietro e la carta di credito non risulta gradita. Comincia una lunga serie di viaggi a scrocco a spese del contribuente francese in generale, e strasburrese in particolare.

Pensavo fosse un cliché, invece per davvero i francesi la mattina hanno la baguette sottobraccio, piuttosto che il giornale.

Speravo che il “Palais de la Musique et des Congrès” si distinguesse per eleganza delle forme e bellezza della struttura. Manco per il cazzo. Pura, grigio-bianca efficienza da UE. Le bandiere dei paesi dell’unione spiegate di fronte all’ingresso cigolano. O meglio, cigolano i tiranti dei pali che le tengono innalzate al vento. Fa comunque uno strano, metaforico effetto.

Gli organizzatori di SPIE Photonics Europe (clicca sul titolo del post) sono dei pezzenti. Ho pagato più di 200 dollari di iscrizione, e questo perché mi sono spacciato per studente, e tutto quello che mi sanno dare è qualche brochure e una piccola penna. E niente su cui scrivere. Dovrò sacrificare la mia Moleskine, quella grande, quella che riservo per i miei deliri pseudo-artistici, non so se mi spiego.

Il mio talk si terrà nel pomeriggio. Inganno l’attesa e l’ansia subissando di innumerevoli sms la mia collega Ilaria, che con materna comprensione non mi manda a cagare ma risponde a quasi tutti i miei 127 messaggini. Leggo qualche giornale locale, o meglio guardo le figure e cerco di interpretare i titoli in francese. E’ straniante seguire il crollo di Alitalia dall’altra parte delle Alpi. Sembra di avere il coltello dalla parte del manico (ovvero dalla parte di Air France).

Arriva il mio momento e la sala Gutenberg si svuota per metà…Non brillo particolarmente durante l’esposizione, so fare di meglio. Pago stanchezza e nervosismo. Comunque l’argomento meritava un po’ più di interesse da parte del pubblico, micro-alghe monocellulari che si comportano da micro-lenti, invece alla fine del mio intervento nessuna domanda. Il chairman mosso a pietà me ne fa una, dalla quale deduco che non ha capito un cazzo di quanto ho detto. Mentre mi allontano vengo fermato da un tizio che lavora per la Swatch svizzera (sic!) ma che si è laureato in fisica a Napoli. Vorrebbe commercializzare la cosa, ma non può dirmi più di tanto…segreti commerciali in ballo…gli do i contatti del mio capo e fuggo verso la poster session. Ho promesso alla materna collega di cui sopra di prendere appunti sul poster di un giappocinese, il quale mi espone con precisione l’oggetto della sua ricerca. Io annuisco e sorrido, e poi faccio la solita domanda che tradisce il mio non averci capito una mazza, un po’ come il chairman, ‘nzomma.

Scazzato svuotato e immalinconito me ne torno in albergo. Durante il viaggio di ritorno scorgo, appesi a un edificio pubblico, dei ragazzi sventolare bandiere tibetane. Hanno facce dannatamente giovani, pulite e occidentali. Chissà se hanno mai assaggiato una manganellata sul cranio. Facile fare i rivoluzionari a Strasburro.

Torno in albergo, mangio un’insalatina e una macedonia, devo rimediare alla porcata alimentare di ieri, metto su ‘Fritz il Gatto’ sul PC e m’addormento…”Domani esco, giuro…domani esco…domani…” mugugno fra me e me mentre precipito nel ventre del sonno.

Colonna sonora del giorno: “Antropophagus” dei Baustelle (della serie i barboni ci sono anche a Strasburro):

Alla Stazione c’è un bel sole come in altri posti. Amore mio dolcissimo. C’è un verme nel caffè. Per punizione c’è l’hamburger. Ci spingiamo. Abbiamo barbe. Abbiamo fede. Abbiamo sputi. Abbiamo buchi sul gilet. Siamo accampati sull’aiuola. La colomba morta vola. C’è una rissa. Bottigliate in faccia. Vuoti a perdere. Guardiamo i treni e gli areroplani. Russi e lituani. Ci scambiamo la Peroni e un po’di tonno in scatola. Abbiamo il sushi. Abbiamo il vino. Spezziamo il pane e la schiena al cane. There is no sushi. No Corso Como. Ci piace l’Uomo. Non c’è sindacato. Non c’è stato mai nessuno che mi ha amato tanto come questa notte. Muoio. Ho fame, amore mio. Dice il governo che è passato ormai l’inferno. E ti ho sposato. Qui. Fra i topi neri e i fiori. Il cranio ti ho baciato. Alla Stazione c’è un bel niente come in altri mondi che sono possibili. Per me, per te, per chi altro arriverà. Perciò pranziamo e poi pisciamo contro i muri di Milano. Controvento ci sposiamo. Oggi si vola. Oggi si va. Mangiamo a pezzi i nostri figli. E qualche avanzo lo incartiamo dentro un foglio di giornale. Prima o poi ci servirà. Amiamo l’Uomo e il suo sapore. I signori e le signore. Il loro eterno roteare. Come agnello nel kebab Abbiamo il sushi. Abbiamo il vino. Spezziamo il pane. La schiena al cane. There is no sushi. No Corso Como. Ci piace l’Uomo. Non c’è sindacato. Non c’è stato mai nessuno che mi ha amato tanto come questa notte. Muoio. Ho fame, amore mio. Dice il governo che è passato ormai l’inferno. E ti ho sposato. Qui. Fra i topi neri e i fiori. Il cranio ti ho mangiato.

martedì, aprile 08, 2008

DIARIO STRASBURRESE - GIORNO 0


GIORNO ZERO.

Di notte sogno a scatola cinese (o se preferite ad incastro) la partenza. Sogno il tuffo al cuore e la vertigine che sempre mi accompagna nel momento del decollo. Stringo la mano di S. per non cadere in preda al panico. Ma subito scompare. Anche in sogno non mi è concesso più di tanto.

La mattina mio fratello mi accompagna in aereoporto. Io mi lamento del lavoro, lui non ha voglia di starmi a sentire e abbiamo il tempo di litigare e fare tacitamente pace.

Check-in interminabile. Torme di studentelli in vacanza. In aereo vengo messo vicino all’uscita di sicuezza, il volo è pieno di turbolenze e non poter vedere cosa accade fuori non aiuta. Quaranta minuti di ritardo e una corsa da matti all’aereoporto Charles de Gaulle per afferrare la coincidenza con Strasburgo. Al gate vedo strani figuri con il tipico tubo da poster scientifico a tracolla. Colleghi della conferenza. Sto bene attento a non avvicinarmi e a non socializzare. Si tratta di strani figuri né maschi né femmine vestiti tristemente e dal colorito improbabile. Non fraintendetemi, non ho nulla contro l’ambiguità sessuale, anzi ci sguazzo. Solo che qui si tratta di asessualità, di morte in vita, di gente che parla solo del loro pallosissimo lavoro, di donne che non sanno più (o non hanno mai saputo) cos’è la femminilità, che indossano mocassini e non sanno che vuol dire un filo di trucco, di uomini che si sono scordati di avere testosterone e di conseguenza un pene.

Arrivato a Strasburro mi rendo conto di non aver preso nota su internet del tragitto dall’aeroporto all’albergo. Riesco ad arrivare al centro cittadino e a naso alla stazione ferroviaria centrale. Lì seguo l’odore del kebab e arrivo al’hotel All Seasons. Un incanto di ragazza, capelli rossi e occhi d’argento, mi dà le chiavi della 108. Scopro con terrore che in albergo non ci sono prese shuko per il mio portatile, né adattatori. In preda al panico decido che è meglio pensare prima al cibo. C’è una dieta da rispettare. Vado da McDonald’s e ordino un’insalatina col tonno e un bicchiere d’acqua. Questi cazzo di francesi non conoscono o fanno finta di non conoscere il significato della parola water. Esco. Ho ancora fame. Davanti a me, uno accanto all’altro, una sfilza di ristorantini arabi. Mi dico, solo un kebab e poi torno in albergo. Entro nel primo ristorante che mi capita sotto tiro. Il tizio al bancone non parla inglese, ma un po’ a gesti, un po’ con la buona volontà mi fa capire che posso servirmi quanto voglio e di ciò che voglio, tanto si paga sempre 12 euri. Giù polpettine, kebab, carni speziate, patatine, verdurine, cocacola. Ogni boccone un senso di colpa. Ogni sorso un chi cazzo me l’ha fatto fare. Per inciso tutto questo ben di dio alberga ancora nel mio ventre, e non cesso di fare puzzettine aromatizzate che dissemino per il centro congressi.

Torno in albergo, mi metto vestito sotto le coperte, un macigno nello stomaco e il panico nella testa: non ho finito di preparare la mia presentazione orale e in questo cazzo di albergo non esistono adattatori per l’alimentatore del mio laptop. Mi addormento e mi sveglio dopo due ore, in preda all’arsura. Chiedo alla reception una bottiglia d’acqua. Un’altra dea, questa volta nera d’Africa e snella e forte, viene in mio soccorso con una minerale. Torno in stanza, mi faccio coraggio, accendo il computer e nei pochi minuti concessimi dalla batteria completo alla meglio il mio talk.

Crollo a letto, nelle recchie l’iPod che mi suona Gianfranco Marziano: - a questo punto del pezzo m’aggio gà rutto ‘o cazzo…ci dispiace, signora, ma sembra che i Gremlins si siano sponzati con l’acqua fetente…

martedì, aprile 01, 2008

La cosa rosa (clicca qui)




"Guarda, quel sorriso
Verticale vuole te
Come un fiore, si sfoglia, si schiude
Innaffiarlo tocca a te

Senti, quel profumo
Di aragosta e camembert
Più del vino, ti inebria, ti porta via con sé
È il più dolce dei dessert

A coisa rosa
Meravigliosa
Tagliola
D’amor

A coisa rosa
In ogni stagione
Ha lo stesso
Color

A coisa rosa
Protagonista
Del cinema
Hard core

A coisa rosa
Sembra schifosa
Ma quando la provi…

Ti piace, da impazzire
Sia boscosa, o depilée

È un miracolo della natura
Non si spiega, va da sé

A coisa rosa
Meravigliosa
Tagliola
D’amor

A coisa rosa
In ogni stagione
Ha lo stesso
Color

A coisa rosa
Protagonista
Del cinema
Hard core

A coisa rosa
Sembra un mollusco
Privato del suo carapace
Ti piace
Si, ti piace
Mi piace…"

Selton, "La cosa rosa"